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		 Mia famiglia
		 
		“Qua non ce stanno denari che 
		bastano. Si spende quello che guadagni nel mese scorso, quello del mese 
		appresso e quello che forse guadagnerai. E allora ci troviamo di fronte 
		a due specie di disordini: finanziario e morale.”  
		In “MIA FAMIGLIA” Eduardo sviluppa 
		il tema a lui caro delle conseguenze della guerra. In lui il DOPOGUERRA 
		diviene un concetto universale fatto di caduta di illusioni, perdita di 
		ideali e distruzione di miti con i potenti nella polvere e intorno 
		un’umanità stordita e perplessa.   
		L’arte di Eduardo riesce ad 
		astrarre il dopoguerra dal suo contesto storico e politico e a farlo 
		divenire un concetto filosofico. Anche noi oggi viviamo una sorta di 
		perenne dopoguerra dei sentimenti e della morale.  
		Alberto Stigliano, il capofamiglia 
		di questa commedia del 1955, interpretato da PIETRO LONGHI è il simbolo 
		del nostro malessere quotidiano e si rifugia in un mutismo-rifiuto 
		quando la famiglia che ha cercato di costruire intorno a sé naufraga 
		insieme al rapporto con la moglie ed i figli.  
		Elena, la moglie, a cui dà vita 
		ANGIOLA BAGGI, è una donna debole e forte ad un tempo che dopo l’errore 
		riesce a discernere, oltre a ciò che è destinato a crollare, anche a 
		filigrana di un disegno più sottile che può sfuggire al naufragio. 
		Commedia ironica, in qualche momento persino amara, in altri divertente 
		ed acuta termina con la speranza di una più profonda e possibile 
		comprensione. Alberto ed Elena Stigliano viaggiano nella loro vita per 
		riconoscere il poco che è loro, scoprendo il molto che non hanno avuto e 
		che forse non avranno.    |